giovedì 22 luglio 2010

I lavori in corso di De Gregori e Dalla a Spello. Una serata da tanto di cappello.


Quando il palcoscenico si svuota e Francesco De Gregori resta solo in compagnia di un pianoforte, cala il silenzio su Villa Fidelia. Il pubblico, numerosissimo e stretto tra file di sedie troppo vicine tra loro, non osa cantare ma muove le labbra per seguire “La donna cannone”. La voce di De Gregori, sempre più impregnata dal passare del tempo, risuona forte ed emozionante. E in quel momento è l’unica cosa esistente e vera al mondo, il tempo si ferma ad osservare l’incedere difficoltoso di quella donna di circo.
Lucio Dalla si riprende il palco poco dopo, con la prorompente malinconia di “Caruso”, e il respiro è trattenuto ancora un po’, cullato dall’idea del tradimento del sogno americano. Questi gli unici momenti in cui i due artisti non si sono divisi il palcoscenico. Il resto della tappa di Spello del tour “Work in progress”, rivisitazione moderna di quel Banana Republic stile anni Settanta, è stato un continuo mescolarsi, interrompersi, scavalcarsi, alternarsi, scambiarsi la voce e la musica. In un equilibrio inaspettato per chi nel 1979 non c’era ancora e per chi invece c’era e temeva che quella fosse stata una sintonia non più raggiungibile.
Ma Dalla e De Gregori sono là come due vecchi amici che non dimenticano come si sperimenta. E si permettono addirittura di saltare a piè pari “Ma come fanno i marinai”, sostituendola con una versione nuova, adattata ai viaggiatori del nuovo millennio (“Gran Turismo”). I due sono un fiume in piena, sul palco per due ore e mezza, e il pubblico si disseta con la tragica allegria di “Titanic”, l’arrabbiata impetuosità di “Com’è profondo il mare”, il raffinato orgoglio di “Rimmel” e la periferia nostalgica di “Anna e Marco”. Gli applausi sono tanti, a volte timorosi di interrompere quell’incontro che pare casalingo, intimo, impreziosito da una band di ottimi musicisti che incorniciano la performance dei due. E si vede che De Gregori e Dalla si divertono, si vede dai colori e dai disegni che passano sul grande schermo alle loro spalle. Si vede dal cappello rosso del Principe e da quello buffo di Dalla. Si vede dall’entusiasmo roboante di “Nuvolari” e de “Il bandito e il campione”, dall’ironico sberleffo di “Disperato erotico stomp” e dalla forza dirompente de “La valigia dell’attore”,
quasi il manifesto girovago di due artisti con il cappello.
Chiara Cruciati

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